“La sete di Dio e la Peste”

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L’esistenza umana rivela aspirazioni sconfinate: sete di amore, ricerca della verità, sete di giustizia, di libertà, di comunione, di pace… Sono desideri spesso inappagati; la domanda di totalità riceve in risposta solo piccoli frammenti; piccoli sorsi che lasciano inappagata la sete. Dal profondo del suo essere l’uomo muove verso un «di più», un assoluto capace di acquietare e di estinguere la sua sete in modo definitivo. La roccia da cui Mosè fa scaturire l’acqua è segno della Provvidenza divina che segue il suo popolo e gli dà vita. Paolo spiegherà (cf I Cor 10,4) che quella roccia è  Cristo.

 

 Giovanni Boccaccio (1349) , individua nella Peste un tragico motivo per continuare a”vivere”. Con l’aggravarsi del contagio “vivere” nel Decameron  significa accettare di demolire ogni speranza, ogni tentativo degli uomini di opporsi al male fisico e morale, e abbandonarsi ad una vita sregolata. Così, dal dissesto del sistema socio-economico stravolto dalla peste, non resta che provare a ripristinare i valori dell’equilibrio con il progetto di ricostruire una nuova società, esemplificata dalla serena convivenza dei dieci giovani nella campagna toscana.

 

 Manzoni che nei ”I Promessi Sposi” fa una minuziosa e macabra descrizione della peste che nel 1629 si era drasticamente abbattuta sulla Lombardia. Carestie, pestilenze sono i mali con i quali la Provvidenza tesse la sua tela. Nel dolore e nella morte, fanno sì che l’uomo avverta la brevità della vita la fragilità delle passioni, l’inutilità di tanto odio, di tanto egoismo e, deposte superbia e invidia, si avvicini al derelitto, ne ascolti la voce implorante, lo riconosca fratello; e con lui, purificato dalla sofferenza, inizi una vita rinnovata, nel bene e nell’amore. 

 

La peste di Camus  diviene nel 1947 simbolo della condizione umana travolta dalla barbarie della Seconda Guerra Mondiale. è possibile affermare che, in Camus, la peste consente un confronto privilegiato con Dio, un rapporto di “rivolta” del sofferente (il medico  Rieux) che polemizza con Dio, in luogo di sublimare il dolore (la posizione iniziale del gesuita Paneloux).Nella Bibbia la comparsa della peste non è imprevista o casuale, ma viene annunciata da Dio. Mentre Camus si sofferma sulla descrizione del rapporto esistente fra peste e personaggi, la Scrittura trascura la narrazione della malattia, sottolineando invece le cause di cui essa è effetto naturale. 

 

Dall’Illuminismo in poi, l’Occidente ha cominciato a ragionare per individui e non come collettività al punto di  confondere gli individui con le persone. La nostra fede in Dio zoppica. Oggi la gente si preoccupa dei pericoli naturali e solo in un secondo momento pensa che Dio ci aiuti. Abbiamo tagliato le radici che ci tenevano in contatto con la dimensione trascendente. La vera grande epidemia attuale è la nostra selvaggia e disperata paura. Appiattiti sul presente la nostra sete d’infinito è venuta a meno. Un individualismo egoísta ci ha tolto la sete di Dio. Dio non c’è nell’orizzonte dell’uomo della tecnica, non lo cerchiamo più nel silenzio del pozzo di Giacobbe ma nel affollamento della massa che  perché a banalizzato la morte disprezza inconsciamente la vita. La provvidenza del Manzoni, il rapporto della peste con la persona che inquietava a Camus non ci interroga più e così nell’orizzonte si manifestano i demoni che aveva intuito Bioy casares in suo “Diario de la guerra del cerdo” dove i giovani sono totalmente indifferenti al destino degli anziani fino ad arrivare a le morti concentriche di jack London dove la dottrina darwiniana della sopravvivenza del più forte è fondamentale nella lotta per la vita. 

 

La donna di Samaria scopre in se stessa  la sete d’infinito. Dio stesso è la fonte dell’acqua viva. Nel difficile cammino verso la libertà Israele, arso dalla sete, tenta Dio, esige il suo intervento come un diritto e contesta l’operato di Mosè che sembra il responsabile di un’avventura senza sbocchi. Il popolo rimpiange il passato e rifiuta il futuro, denunciato come illusorio. Forse un tempo di deserto come questo dovrebbe insegnarci a cercare un futuro diverso, avvicinarci di più al signore e alla sua provvidente disponibilità. Fare incontrare i vecchi con i giovani,scoprire le cose belle dell’europa e dall’italia, a ripensare al paese e vivere una vita più sobria e responsabile del bene comune. Come insegna il prefazio della Santa messa di questa III Domenica “Egli chiese alla Samaritana l’acqua da bere, per farle il grande dono della fede, e di questa fede ebbe sete così ardente da accendere in lei la fiamma del tuo amore”      

 

Daniel Balditarra , Milano 14 Marzo 2020 – III Domenica di Quaresima