Conversazione sul cristianesimo e il futuro (Compagnia di San Paolo- 7 Dicembre 2018 Festa di Sant’Ambrogio)

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Nel 1977 Jean Delumeau pubblicava un saggio dal titolo Il cristianesimo sta per morire? Più vicino a noi, René Rémeond: “Il cristianesimo soffre oggi di una sorta di discredito”. Direi che in un certo senso questa situazione è dovuta alla natura stessa del rivestimento storico del messaggio di Gesù e della sua trasmissione nel tempo: il suo fondatore muore sulla croce; i primi apostoli non erano né pensatori né strateghi; la Chiesa ha conosciuto eresie, divisioni, scandali. È dunque inevitabile che un osservatore assennato si ponga la domanda sull’esistenza e sulla durata di un tale gruppo religioso. Quante volte si è sepolta la Chiesa: Nietzsche ha dichiarato che “il tempo delle religioni è finito; Dio è morto”. I totalitarismi dello scorso secolo non hanno detto altro. In Francia, cento anni fa, Jules Ferry, alla domanda di Jaurès sull’obiettivo profondo della sua politica, rispose: “Il mio fine? Organizzare l’umanità senza Dio”. I sociologi e alcuni pensatori si compiacevano nel descrivere il cristianesimo di domani senza gioventù, diviso, minato dal ripiegamento identitario, che soccombeva sotto i colpi d’ariete delle nuove religioni accomodanti o di forme antiche e nuove d’incredulità e di ateismo.

È inoltre inevitabile constatare che il cuore del cristianesimo si è poco a poco spostato dal nord verso il sud. Alcune previsioni prospettano per l’anno 2025 – supponendo che il tasso delle conversioni non vari sostanzialmente – 2 miliardi 600 milioni di cristiani, di cui 663 milioni in Africa, 640 in America Latina, 555 in Europa, 460 in Asia (l’Europa è in terza posizione). Nel 2050 un quinto dei tre miliardi di cristiani sarà costituito da persone di colore non ispaniche.

Desta indubbiamente preoccupazione il fatto che così pochi giovani occidentali abbiano un contatto regolare con le Chiese: un gran numero di bambini cresce senza aver mai aperto una Bibbia, senza conoscere i riti cristiani, senza sapere che si può pregare Dio. Bisognerebbe menzionare anche la diminuzione del numero dei sacerdoti, il calo della pratica religiosa, la difficoltà di trasmettere la fede in un linguaggio più accessibile, ecc.

Eppure, il fenomeno religioso è lungi dall’essere scomparso. I cristiani non hanno rinunciato al loro compito. Questo cristianesimo di cui alcuni prevedevano la scomparsa – penso a quel coraggioso funzionario municipale di Valence che, dopo aver constatato, il 29 agosto 1799, il decesso “del detto Giannangelo Braschi, che esercitava la professione di Pontefice (Pio VI)”, inviò il suo rapporto a Parigi, annunciando che il Papa appena morto era sicuramente l’ultimo della storia – sì, questo cristianesimo moribondo mostra una sorprendente vitalità e riserva molte sorprese. Una sera di ottobre del 1978 è stato l’arcivescovo di Cracovia, nel cuore dell’Europa centrale “marxistizzata” ad essere chiamato a occupare la cattedra di Pietro! .In verità il cristianesimo ha ancora e sempre molto da dire. La nostra parola è attesa anche se non viene presa come punto di riferimento. La nostra testimonianza ci interpella. È impressionante constatare che al centro di questo mondo nuovo che vediamo schiudersi, senza sapere cosa sarà, tutti – credenti e non credenti, ottimisti e pessimisti – siamo costretti a porci le domande fondamentali, siamo condannati a porci le domande essenziali. È la grazia del nostro tempo! In un articolo della rivista “Esprit”, datato febbraio 1966, intitolato Prospective et utopie, Prévision économique et choix éthique, Paul Ricoeur osservava che l’uomo moderno aveva dinanzi quattro interrogativi, quelli dell’autonomia, del desiderio, del potere e del nonsenso: l’uomo di oggi non vuole rendere conto a nessuno, si rifiuta di essere creatura, è il trionfo dell’individualismo; nella misura in cui vengono soddisfatti tutti i suoi bisogni fondamentali (per i più fortunati!), entra nel mondo del capriccio e dell’arbitrario: “voglio tutto e lo voglio subito!”, è la bramosia; il conflitto fra nazioni, l’aver solo diritti senza alcun dovere, fanno sì che il più arrogante, il più forte, imponga la sua legge; “di più, subito” sì, ma a quale fine? Si può vivere senza punti di riferimento né finalità? Tutto sembra diventato insignificante: il lavoro, la sessualità, lo svago. Qualsiasi sacerdote che riceve le confidenze dei suoi compagni in umanità conosce l’entità di questo “disincanto”: si sognava di essere liberi e ci si risveglia schiavi. Il cristianesimo offre risposte: la giustizia, carità e solidarietà, sobrietà come stilo di vita, l’infinito come continuità della Storia.

Ecco un mondo che si organizza e si proietta senza Dio. Ebbene, con Karl Rahner diciamo che “l’uomo non esiste in quanto uomo se non quando, almeno come domanda che nega ed è negata, dice “Dio”” (Corso fondamentale sulla Fede).

Ciò che mi preoccupa è sapere se i cristiani sono consapevoli del tesoro che rappresenta la loro fede, se i loro pastori offrono loro i mezzi adeguati perché siano in grado di rendere conto della speranza che è in loro (cfr Prima Lettera di Pietro 3, 15), se hanno il coraggio di affermarsi diversi.

Ebbene, gli articoli pubblicati da “La Croix” ci informano bene sugli sforzi compiuti dai cattolici, fedeli e pastori, affinché la Chiesa che noi siamo sia segno (sacramento) di Colui che “è venuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10, 10). La preoccupazione della preghiera e della formazione teologica, gli sforzi compiuti in vista di una catechesi più incisiva, un senso della Chiesa più affinato, sono tutti elementi che portano a pensare che si stia riscoprendo il bisogno di una certa interiorità. D’altro canto, solo nel cristianesimo si trovano tanti volontari all’opera per alleviare le situazioni di disagio. Detto ciò, riprendendo un’espressione di una sociologa britannica (Grace Davie), ho l’impressione che i cristiani europei facciano parte di quei credenti che vivono alcuni aspetti della fede, al di fuori di qualsiasi legame con la loro Chiesa (believing without belonging: credere senza appartenere alla comunità).

Allora, come dobbiamo guardare al futuro? Con serenità, poiché è il nostro futuro. Certo, siamo una minoranza, ma una minoranza operante e i valori cristiani sottendono numerose “convinzioni” laiche: dignità della persona umana, libertà, solidarietà, rispetto della natura, tutti valori che hanno le proprie radici nell’humus cristiano.

Il cristianesimo è anche creativo: nuove comunità, scuole di fede, iniziative di ogni sorta per servire il prossimo. Non bisogna altresì dimenticare che la Chiesa cattolica è la sola istituzione capace di convocare e radunare tanti giovani. Ciò vorrà pur dire qualcosa!

La liturgia, ben preparata e celebrata, è senza alcun dubbio la manifestazione più visibile della presenza di Dio al centro della società: la chiesa-edificio già di per sé ricorda che l’uomo non vive di solo pane. La vera città, diceva Giorgio La Pira è “quella in cui gli uomini hanno la loro casa e in cui Dio ha la sua casa”. Un mondo che fosse solo il mondo del lavoro e della produzione e che non fosse anche il mondo della liturgia, sarebbe invivibile.

Vorrei citare la lettera a Sila di Silvano Fausti:

Essere con lui con il cuore: la preghiera

Sii con lui innanzitutto con il cuore, stabilmente fisso in lui. Dove è il tuo tesoro, sia anche il tuo cuore (Lc 12,34).

La tua prima occupazione sia la perseveranza nella preghiera, come fecero gli apostoli sempre, prima e dopo pentecoste (At 1,14; 6,4). La preghiera è il respiro della fede. Coltivala quindi come prima cosa.Il desiderio di essa rimanga sempre; ma si traduca anche in realtà. Diversamente resterà solo un’ esigenza velleitaria e frustrante. La tua preghiera potrà anche essere difficile, distratta e desolata. Ciò sarà a causa dei tuoi peccati e delle tue trascuratezze, che ti han fatto cadere in basso. Ma va’ avanti, e rimonta la china con fiducia e perseveranza. Hai bisogno di allenamento. Il Signore ti è vicino e ti incoraggia.Quando sarai arido, invece di smettere, dedicale più tempo. Non incattivirti perché il Signore tarda a rispondere (Lc 18,

Sappi che la preghiera è il principale mezzo apostolico. Per questo lotta sempre con me in essa (Rm 15, 30; Col 4, 12).Da una notte di lotta col Signore nacque Israele (Gn 32). Dall’orazione notturna di Gesù nacque il nuovo Israele (Lc 6, 12 ss.). Inoltre un solo uomo con le braccia alzate – Aronne e Cur gliele sostenevano – può vincere un intero esercito di nemici (Es 17,8 ss)

Essere con lui con gli orecchi e gli occhi:

lettura e contemplazione della Parola .Sii con lui, oltre che col cuore, con gli orecchi e gli occhi, che vanno dove porta il cuore.L’amore desidera conoscere e vedere. La parola che ci racconta la storia di Gesù è per noi la sua carne, norma di fede e criterio supremo di discernimento spirituale. Diversamente ci inventiamo un Dio fatto su misura delle nostre fantasie religiose (cf. Ef 4,20; 1 Gv 4, 2), e crediamo non in lui, ma nelle nostre idee su di lui.

Di Dio non abbiamo nessuna immagine e non dobbiamo farcene alcuna. Lo conosciamo attraverso la sua rivelazione a Israele e la vicenda di Gesù, in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9).

Per questo leggi sempre le Scritture, per conoscere la Parola di cui sei servo a salvezza tua e a favore dei fratelli. È la tua professione specifica di apostolo (Lc 1,2; At 6,4).

Leggile sempre con stupore e rendimento di grazie. La Parola sarà luce per i tuoi occhi, miele per la tua bocca e gioia per il tuo cuore (Sal 19, 9.11; 119,103.111). Leggi e stupisci; convertiti e gioisci; discerni e scegli, quindi agisci.

Essere con lui con i piedi:

seguirlo in una vita conforme alla sua . Sii con lui con i piedi, che percorrono la sua stessa via. Il desiderio di camminare come lui ha camminato (1 Gv 2, 6) sia la speranza che muove la tua vita ad essere conforme alla sua. Preferisci e scegli ciò che lui ha preferito e scelto, per stargli più vicino e somigliargli più perfettamente. Ama  per amor suo la povertà, l’umiliazione e l’umiltà, la sua insignificanza, la sua piccolezza, la sua castità e la sua obbedienza. Odiando ciò che il mondo ama e amando ciò che il mondo odia, guarirai dal perverso giudizio che ti fa compiere il male come fosse bene e fuggire dal bene come fosse male.

Essere con lui con le mani:

toccarlo e unirsi a lui. Dio non è oggetto della tua intelligenza, che ne riflette solo l’immagine. E invece oggetto del tuo amore, che ti unisce direttamente a lui.

Amalo, e la tua vita sarà trasformata nella sua – e potrai dire che non sei più tu che vivi, ma lui che vive in te (Gal 2,20). Mio caro, la vita apostolica presuppone sia una vita cenobitica, da vivere in comunione coi fratelli, sia una vita eremitica, da vivere in solitudine con lui. Solo dopo sei abilitato ad essere apostolo, inviato a tutti i fratelli nel suo nome. Se non sai stare coi fratelli e non sai stare con lui, non puoi essere suo apostolo.

Qualle futuro per la CSP nella Chiesa? 

“Una minoranza benedetta, che è invitata nuovamente a lievitare, lievitare in sintonia con quanto lo Spirito Santo ha ispirato nel cuore dei vostri fondatori e nel cuore di voi stesse. Questo è quello che ci vuole oggi” . “Andate ai confini a incontrarvi col Signore, a rinnovare la missione delle origini, alla Galilea del primo incontro, tornare alla Galilea del primo incontro! E questo farà bene a tutti noi, ci farà crescere, ci farà moltitudine. Mi viene alla mente adesso la confusione che avrà avuto il nostro Padre Abramo: “Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle se le puoi contare». E soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia” Genesi 15,(5-7). Il paolino deve cercare i crocevia, i luoghi dove le persone passano. Educazione, Sanita,Turismo, Santuari…..ecc.. La vita Eucaristica. Gesù è con noi, ogni giorno, sempre disponibile. È vivo! È risorto! Nel cuore dell’Eucaristia. La risurrezione e l’Eucaristia saranno il centro  della nostra spiritualità. La Sacra Scrittura nel cuore. La presenza di Maria nella spiritualità della Compagnia è un’altra forza. Dove c’è Maria, c’è sempre tenerezza che aiuta la fragilità e concede fortezza. Maria ci attira verso la brezza dello Spirito Santo.L’unica ricchezza della Compagnia di San Paolo  è la Provvidenza. Riguarda quella luce di Dio che ci accompagna  in questo tempo di difficoltà. Solo Dio può dare il futuro. Segni di cattolicità e universalità. C’è anche una sfida nell’uso delle  nuove tecnologie per evangelizzare, per porre “l’attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo. La Compagnia è un “resto fedele”, un resto che sta attraversando una prova nel mezzo di una grande tribolazione. Sentirsi “poveri” nelle mani di Dio, sentire il vento dello Spirito che guida. Riprendere la sobrietà e il silenzio di Nazaret. Salire sulla  cima del Tabor per contemplare  la luce della Trasfigurazione, e  riprendere  la passione, l’entusiasmo dei pescatori del Lago di Tiberiade.  Dobbiamo lasciar perdere i pessimisti, quelli che non scelgono mai, i rassegnati che non si aspettano nulla. Questi non fanno bene alla Compagnia. Non servono alla Compagnia.  È necessario avere il coraggio di prendere il largo. “Quando una persona non è convinta non convince, confonde è allontana”