La preoccupazione e l’amore per l’unità della Chiesa, comuni a tutti i Padri della Chiesa, sono particolari in sant’Agostino, il quale, sul loro fondamento, costruisce una “strategia” appassionata per recuperare i donatisti alla comunione cattolica. Ad essi il Vescovo di Ippona, appoggiandosi su chiari argomenti teologici, riconosce lo statuto essenziale di “cristiani” e, dunque, la validità del loro battesimo. Si tratta di un riconoscimento notevole per quel periodo, e certamente ancor più oggi, nella prospettiva del dialogo tra le diverse Confessioni cristiane.
Nella Chiesa antica il Mistero della Salvezza viene inteso come “opera di riunificazione, come è attestato, p.e. nelle Norme monastiche dello Pseudo-Basilio: “A questo si riduce tutta l’economia del Salvatore: riunificare la natura umana con se stessa e con Lui, superare la rovinosa divisione per ristabilire l’unità originaria” (18, P.G. 31, 1385) A. Quest’opera è compiuta in modo definitivo con la morte e la risurrezione del Signore e diventa impegno di ciascuno per opera della celebrazione eucaristica. Ogni battezzato, nel Mistero, si identifica con il corpo di Cristo glorificato per opera dello Spirito Santo, che lo riempie di sé quando si comunica con il Corpo eucaristico: diventiamo, così, compartecipi del Corpo di Cristo, come insegna San Paolo in Ef 3,6.
San Cirillo di Alessandria, nel suo Commento al Vangelo di Giovanni, illustra il fondamento eucaristico di questa unità: “Affinché potessimo tendere all’unità con Dio e fra di no ,e perché ci unissimo tra noi, sebbene ci manifestiamo diversi nell’anima e nel corpo, il Figlio Unigenito ci ha santificati con il mistero della Comunione in Lui stesso, in un solo Corpo, il Suo proprio Corpo, e realmente ci ha resi partecipi di Lui stesso e di noi stessi con gli altri. Chi può dividere e staccare da questa unione corporale coloro i quali sono legati al Cristo al punto che diventiamo una cosa sola con Lui grazie a questo unico e santo Corpo? Giacché, se noi ci comunichiamo con questo unico pane, costituiamo un solo Corpo. Infatti, il Cristo non può dividersi. Perciò la Chiesa si chiama anche il Corpo di Cristo e noi sue membra, secondo il pensiero di Paolo [cfr 1Cor 12,27]. Lo stesso Spirito, unico e indivisibile, unisce le anime di tutti, senza alcun riguardo alle differenze di ciascuno, e fa che costituiscano un solo essere in Lui solo. Perciò dice Paolo [cfr. 1Cor 12, 4-6]:’un unico corpo, un unico Spirito, un Dio e Padre di tutti, che è sopra di tutti’” (Cirillo di Alessandria, Commento a Giovanni, 11, 11 P:G: 74, 560A-561B).
La Chiesa universale è composta da tutte le Chiese locali in comunione tra loro. Essa, ci dicono i Padri, è l’unica Arca dell’Alleanza, la Sposa di Cristo, la Madre spirituale che per mezzo del Battesimo genera i figli a una nuova vita, rendendoli figli adottivi di Dio nell’Unico Figlio.
L’unità tra noi cristiani divisi si può conseguire solo con il ritorno alla comune e universale tradizione della Chiesa, a ciò che era accolto come dogma di fede e si trasformava in vita come comune fondamento della Chiesa perché accolto semper, ubique et ab omnibus per usare le parole di Vincenzo di Lérins che nel suo Commonitorium dice: “nella Chiesa cattolica bisogna accogliere con la massima cura ciò che credettero tutti, dappertutto e sempre” (Vincenzo di Lérins, Commonitorium, 2). Entrando nella pienezza della Tradizione, ogni Comunità, per ciò stesso, risulterebbe in unità con la Chiesa universale.
E’ questa l’Unità multipla di cui parla sant’Ireneo nel suo Adversus haereses (III, 4, 1): “unità attorno a una sola fede, una sola salvezza, una sola Tradizione, una sola Scrittura nell’unità dei due Testamenti, di un solo Vangelo in quadruplice forma, di un solo Corpo di Cristo che è la Chiesa”.
I Padri anche sul tema dell’unità dei cristiani sono imprescindibili, perché la Chiesa dei Padri ha fissato il canone della Scrittura; ha individuato la Regula fidei”, che si è sviluppata nei differenti simboli e nelle decisioni dogmatiche dei primi quattro grandi Concili ecumenici, che restano fra le più importanti referenze della base trinitaria e cristologica del Consiglio Ecumenico delle Chiese; perché la Chiesa indivisa ha strutturato l’espressione cultuale e dossologica della proclamazione e dell’ascolto della Parola di Dio e la pratica sacramentale che rimangono le forme liturgiche fondamentali ancora oggi per la grande maggioranza dei cristiani; e, non ultimo, perché la Chiesa dei Padri ci ha trasmesso il metodo per accostare alla ragione il contenuto della fede, che diventa così accessibile ed esprimibile, nell’ottica e di sant’Agostino e di sant’Anselmo del credo ut intelligam.